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Una pubblicità a prova di minore

La pubblicità ci influenza tutti i giorni, in ogni momento e in qualsiasi luogo, reale o virtuale. Dagli spot televisivi, ai post sui social network, ai semplici cartelloni che si innalzano ai lati delle nostre strade. Veniamo letteralmente bombardati dai messaggi pubblicitari.

Noi adulti ne siamo consapevoli, e nonostante questo ne veniamo comunque influenzati. Ma cosa succede allora ai più piccoli?

Sono circa un milione in Italia i minori che ad oggi utilizzano internet, e molti di più quelli che entrano in contatto con i messaggi veicolati dalla tv, ed è molto più facile quindi, rispetto al passato, che i più piccoli vengano esposti ad ogni tipo di informazione (e manipolazione). Addirittura i siti dedicati ai bambini hanno spesso collegamenti diretti con siti pubblicitari o  negozi che propongono la vendita di oggetti e prodotti a loro dedicati (Meazzini, 2009).

Ma i bambini e gli adolescenti sono per natura privi di strutture mentali e cognitive che permettano loro di filtrare i contenuti dei messaggi, in quanto non hanno ancora sviluppato un pensiero critico sui fenomeni che incontrano. La pubblicità, soprattutto quella diffusa in rete, è pericolosa per i minori prima di tutto per la sua invasività e manipolazione, in quanto ovunque ed in qualsiasi momento può raggiungere gli occhi e le orecchie dei più piccoli, utilizzando messaggi brevi e concisi, studiati a tavolino per essere più efficaci.


Molti studi in ambito scientifico hanno dimostrato come i mass media influenzano lo sviluppo dei bambini, soprattutto per quanto riguarda il linguaggio, i comportamenti e i valori. Naturalmente i nuovi mezzi di comunicazione hanno innumerevoli aspetti positivi, ma la troppa esposizione o un’esposizione scorretta agli stessi, può comportare per il minore il rischio di essere bersagliato da informazioni violente, stereotipi sessuali e razziali, e comportamenti scorretti (Puggelli, 2002).


Si è spesso parlato della pericolosità insita soprattutto nell’esposizione dei bambini a scene di nudo, ma non è solo questa dimensione a costituire un rischio per i minori. Anche la violenza, postata e trasmessa durante l’intera giornata, può comportare il veicolo di contenuti che rischiano di desensibilizzare i più piccoli ai comportamenti antisociali, di renderli indifferenti e di ostacolarli nell’acquisizione di una delle competenze fondamentali dell’individuo: saper distinguere fra il bene e il male.


Altro tema importante e delicato è quello dell’alimentazione. In Gran Bretagna un’indagine effettuata dall’Università di Liverpool, ha constatato che nella fascia oraria televisiva tra le ore 20 e le ore 21 le pubblicità trasmesse promuovevano in gran parte il cosiddetto “cibo spazzatura”. Un’altra indagine pubblicata su Public Health Nutrition ha dimostrato la grande influenza degli spot dei cibi spazzatura sul sovrappeso e obesità infantile, anche sui bambini italiani. Per questi motivi secondo la Bbc, data la grande diffusione delle nuove tecnologie tra i più piccoli, questi spot potrebbero essere vietati anche online. Questo divieto potrebbe interessare tutte le principali piattaforme, a partire da YouTube per arrivare ai più popolari social network, uno su tutti Facebook (
www.thefoodmakers.startupitalia.eu).


Ma quali sono le fonti normative che regolano e disciplinano i messaggi pubblicitari?

Sono essenzialmente di due tipi: nazionali ed internazionali.

La più importante è senz’altro la Convenzione Onu sui diritti del fanciullo del 1989, al cui articolo 17 attesta che gli stati membri si impegnano

a vigilare affinchè il fanciullo possa accedere a una informazione e a materiali provenienti da fonti nazionali e internazionali varie, soprattutto se finalizzati a promuovere il suo benessere sociale, spirituale e morale nonché la sua salute fisica e mentale” (Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, 1989).


Le fonti invece nazionali si distinguono nel Codice di Autoregolamentazione Tv e Minori, un sistema di autodisciplina, ed il Codice del Consumo e Testo Unico sulla Radiotelevisione, un sistema statale. Entrambi hanno potuto molto nella tutela dei diritti dei minori nei confronti delle informazioni veicolate dalla pubblicità, ma non abbastanza (
www.filodiritto.com).


È nata infatti un’ulteriore associazione a tutela dei minori, il Coordinamento Genitori Democratici (CO.GE.DE.), un gruppo di genitori impegnati nell’affermazione di una nuova cultura per l’infanzia e l’adolescenza. L’obiettivo principale è quello di sostenere il pieno diritto dei minori, tra cui la corretta informazione. Si occupano nello specifico di tv e internet, mezzi di comunicazione fondamentali che, se usati con passività, possono costituire un grande pericolo per lo sviluppo dei ragazzi. Spesso l’informazione, infatti, deforma la realtà, la manipola, esercitando una vera e propria persuasione.


Secondo questi genitori attualmente si assiste ad un fenomeno preoccupante: internet e tv spingono i minori all’acquisto di prodotti spesso inutili, ma fondamentali per essere integrati nel gruppo dei pari, ed i genitori non sono in grado di tutelare i propri figli poiché spesso, a loro volta, manipolati dalla mercificazione globale (Acerno, 2006).

 Da un punto di vista culturale, inoltre, i genitori e gli educatori in generale, si ritrovano a far fatica nel dispensare norme e consigli per quanto riguarda le nuove tecnologie, in quanto la generazione dei “nativi digitali” per la prima volta nella storia risulta avere più conoscenze sulla tecnologia rispetto ai propri genitori. Spesso questi ultimi hanno anche timore di esprimere le proprie opinioni circa l’uso dei nuovi mezzi di comunicazione in quanto corrono il rischio di essere considerati retrogradi e vecchi (Meazzini, 2009).

Diventa importante allora che gli adulti imparino a loro volta a misurarsi con queste nuove realtà, per insegnare fin da subito ai più piccoli che la rete è innanzitutto una macchina di guadagno, orientata al profitto. C’è bisogno che gli adulti aiutino i minori a distinguere il rapporto tra finzione e realtà, un passaggio questo fondamentale per l’acquisizione di un pensiero critico su ciò che li circonda.


L’autrice Francesca Romana Puggelli nel suo libro
Spot generation: i bambini e le pubblicità suggerisce in questo senso un modo per spiegare il meccanismo nascosto della pubblicità ai propri figli. Secondo la scrittrice è utile portare il minore a riflettere su alcune questioni:

  • Qual è il messaggio della pubblicità, cosa vuole realmente dirti?
  • Che cosa ti è piaciuto e cosa meno?
  • Qual è il prodotto di cui la pubblicità parla?
  • A cosa serve questo prodotto, e davvero funziona come in pubblicità? Ma soprattutto, ne hai realmente bisogno?
  • Che emozioni provi a riguardo?

 Forse queste domande sarebbe utile che le rivolgessimo anche a noi stessi, spesso troppo schiavi di questo immenso ed oscuro meccanismo.

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