
Un’indagine psicologica del fenomeno Pokémon GO
Pokémon GO è appena sbarcato sui nostri dispositivi e ha già modificato le abitudini digitali e il comportamento di milioni di utenti.
Ma quali sono i segreti del suo successo mondiale? Il fenomeno offre alla riflessione numerosi spunti, alcuni dei quali andremo di seguito ad osservare dal punto di vista psicologico e sociale.
I numeri parlano chiaro: nella sola prima settimana Pokemon GO è stato scaricato circa 65 milioni di volte, stabilendo un primato superiore a molti dei colossi del nostro tempo come Facebook, Twitter e YouPorn. Secondo Analytics Sensor Tower, i giocatori hanno trascorso su iPhone in media 33 minuti con Pokèmon GO, contro i 22 su Facebook e i 18 su Snapchat. Il traffico dati generato da Pokemon GO ha superato Tinder e PornHub, e sta per raggiungere Twitter.
Il fascino per le nostalgiche creature è trasversale, diffuso tra bambini e adolescenti, così come tra gli adulti. Anche la ‘generazione Gameboy’, infatti, è immersa in questi giorni nel rivivere le emozioni legate al proprio passato, realizzando infine il sogno proibito: catturare Pokémon in giro per la propria città e diventare allenatore e capipalestra!
La caratteristica distintiva del gioco prodotto da Niantic è l’utilizzo della realtà aumentata applicata allo smartphone, e la combinazione di geolocalizzazione, fotocamera, schermo touch e connessione dati. Un videogioco dunque che sfrutta le diverse potenzialità che lo smartphone odierno mette a disposizione, anche se non pienamente.
Dal punto di vista tecnico, infatti, Pokémon GO non è nulla di eccezionale ed eredita tutto da giochi risalenti al 2014 (in particolare da Ingress, sempre di Niantic), senza praticamente aggiungere alcuna funzionalità, ma anzi escludendone, prima fra tutte l’interazione tra allenatori.
Ma la chiave dell’operazione è stata quella di coniugare la realtà aumentata, tecnologia esistente ma ancora praticamente sconosciuta al grande pubblico, con un vero e proprio fenomeno di massa quale è stato ed è tuttora Pokemon.
Una cosa è certa: Pokemon GO ha fatto bruciare le tappe di diffusione della realtà aumentata presso il grande pubblico, facendola diventare mainstream.
Un mix di cultura di massa e tecnologia, di innovazione e nostalgia, di moda e curiosità. Un successo che si esprime e si rafforza nella relazione con i diversi media, dai social network ai telegiornali nazionali, che hanno fatto la loro parte nell’alimentare il fenomeno, anche mediante il turbinio di notizie sugli effetti di Pokemon GO (incidenti, dipendenze, scene di isteria di massa) e di bufale (vedi ‘ragazzo caduto in un vulcano inseguendo Charmender’ o ‘ragazze disperse in mare, cercavano Pokemon d’acqua’).
Contrario alla morale secondo diversi imam islamici, il gioco possiede gli elementi individuati dallo psicologo Jamie Madigani, esperto di psicologia dei videogiochi, che contribuiscono a rendere un videogame coinvolgente: il movimento, la socializzazione, la sensazione di padronanza, l’immersione, la creatività e il raggiungimento del risultato.
Un altro fattore decisivo è la semplicità del gioco, che, oltre ad essere estremamente intuitivo, è composto da pochissime regole. E la sua flessibilità: non c’è bisogno infatti di ritagliarsi un momento preciso della giornata per usare Pokemon GO, ma è il gioco che si adatta alle nostre esigenze e ai nostri spostamenti.
Di rilevanza, inoltre, è la dimensione sociale (e social), che spinge sempre più utenti a scaricarlo anche per parlarne con gli altri, condividere informazioni, foto e proprie esperienze di gioco.
Oltre ad essere divertente, l’app sfrutta uno dei principi della terapia cognitivo-comportamentale: il rinforzo positivo, in base al quale l’ottenimento di un premio o di una ricompensa positiva spinge le persone a darsi da fare per riottenerla. Il gioco diventa, così, un dispensatore di rinforzi che incentivano le persone ad uscire di casa e andare alla ricerca delle strane creature per ottenere sempre nuovi Pokémon e ricompense. I fattori del successo sono rintracciabili anche a livello fisiologico: i premi generano, infatti, un innalzamento dei livelli di serotonina e dopamina nel nostro cervello, facendoci vivere un’intensa sensazione di benessere e portandoci a ricercarla ancora, al pari di una vera e propria dipendenza.
A generare una spirale di ossessione, dipendenza e abuso di tecnologia non è solo la chimica che governa le nostre connessioni neuronali, ma anche quella dell’atavico principio del “gotta catch ‘em all”. Ebbene si, il desiderio di aumentare la nostra collezione di Pokémon è ulteriormente amplificata dalla logica dell’accumulo. Allo stesso tempo, la forte scarica di adrenalina che viene conseguentemente generata può essere causa di un elevato carico di stress.
Al di là delle bufale e notizie fake, camminare per strada con gli occhi sempre puntati verso lo smartphone, senza prestare attenzione all’ambiente circostante, può causare (ed ha causato) infortuni e incidenti stradali (puntualmente riportati attraverso i media, che hanno generato una vasta letteratura delle tragiche conseguenze di Pokemon GO).
L’apparizione di Pokemon leggendari, o altri eventi in uno specifico punto della città, può condurre numerosi appassionati a riunirsi e ad affollarsi, trasformando così l’ossessione individuale in una dinamica isterica di massa.
Come gli altri prodotti di realtà aumentata, può aggravare i sintomi psicotici legati all’esame di realtà, con le conseguenti difficoltà nel discriminare il reale dalla fantasia; la geolocalizzazione d’altra parte può esporre i giovani a gravi pericoli, quali l’adescamento da parte di adulti malintenzionati.
Mentre in queste ore emergono in maniera preoccupante le questioni relative alla privacy dei dati, è aperto il dibattito sui danni e benefici del gioco, tra chi punta il dito contro l’assuefazione e l’isolamento autistco-digitale che induce, e chi invece ne esalta la spinta vitale ad uscire, interagire ed esplorare.
Quel che è certo, è che la realtà aumentata sta entrando prepotentemente nella nostra vita, modificando e contaminando la nostra routine e il nostro modo di pensare e agire. Ancora orfani di una cultura digitale che ci renda più consapevoli delle tecnologie e dei loro effetti, il mondo della realtà e quello della virtualità si stanno sempre più mescolando. La fantasia sta perdendo il suo romantico significato intrinseco, cessando di essere qualcosa di intimamente legato all’immaginazione individuale.
Il segreto è trovare il giusto equilibrio, per non farsi risucchiare dal vortice di questa novità tecnologica, ricordandoci di tenere i piedi per terra e di osservare ciò che ci circonda attraverso i nostri occhi e non attraverso la fotocamera del nostro smartphone.
E allora, catturali tutti, ma non perderti neanche un’istante della tua vita!
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