
Un “elmetto” per combattere l’Anoressia
I disturbi alimentari, ed in particolare l’Anoressia Nervosa, rappresentano una vera e propria sfida, sia in termini farmacologici che psicoterapeutici.
Una sfida che la Realtà Virtuale può aiutarci a vincere con nuove e – più efficaci – strategie d’intervento.
Questi disturbi sono in netto aumento in Italia, specialmente tra gli adolescenti, e presentano un esordio tipico tra i 14 e i 18 anni, con una spiccata diffusione nella popolazione femminile.
“Quali che siano i loro sentimenti intimi o per quanto impreciso il modo in cui li interpretano e manifestano, le anoressiche non soffrono di mancanza di appetito bensì di un timor panico di aumentare di peso”
(Bruch, 2003)
La ragazza affetta da tale disturbo si percepisce continuamente in sovrappeso, nonostante la presenza di un forte dimagrimento.
Sembra avere un rapporto problematico con la propria immagine corporea, che la conduce a percepire in modo fortemente distorto la forma ed i confini del proprio corpo.
È proprio su queste criticità, riguardanti la dimensione cognitiva e percettiva intaccate dal disturbo, che si inseriscono gli studi e gli interventi della Psicologia Digitale.
E l’ “elmetto”?
In particolare, nella cura di questi disturbi, si utilizza sempre più spesso la tecnica della Realtà Virtuale (RV), uno strumento che alle interazioni che avvengono in un ambiente ricostruito in digitale, favorisce una vera e propria ristrutturazione cognitiva.
Tutto questo aiuta al paziente a costruire credenze più realistiche di se stesso, degli altri e del proprio corpo (Vincelli, Riva, 2007).
Negli ultimi anni sono state diverse le sperimentazioni della RV sulla cura dei disturbi alimentari.
È ormai noto come grazie a questa tecnologia sia possibile costruire un ambiente complesso e molto specifico in grado di elicitare sensazioni, emozioni e valutazioni uguali a quelle generate dagli ambienti reali (Riva, 1999).
Alessandra Gorini, psicologa e ricercatrice, ha svolto una ricerca sui “cibi virtuali ed emozioni” all’Istituto Auxologico di Milano.
Ha confermato nel suo studio la veridicità dell’assunto teorico su cui si basa l’approccio virtuale.
Il reale ed il virtuale inducono reazioni comparabili, ed una volta che il paziente ha imparato a controllare le proprie emozioni e reazioni nell’ambiente virtuale, l’impatto con la vita reale, caotica ed imprevedibile, risulta essere più gestibile e meno problematico (Erzegovesi, Gorini, 2004).
Questo strumento inoltre, permette di superare alcuni ostacoli e alcune resistenze che si incontrano nella classica terapia cognitivo-comportamentale, soprattutto per quanto riguarda la pratica delle esposizioni, in cui il soggetto viene fatto entrare in contatto con lo stimolo ansiogeno mediante l’immaginazione o in “vivo” (Vincelli, Riva, 2007).
Progetti
Uno fra i progetti italiani più promettenti nel campo della cura dei disturbi alimentari attraverso questa nuova tecnologia, è quello intrapreso dalla clinica Villa Santa Chiara in provincia di Verona, in cui è stato adottato dal dottor Marco Vicentini, un protocollo integrato ideato dal professor Giuseppe Riva, docente di Psicologia della Comunicazione all’Università Cattolica di Milano.
Viene offerto alle pazienti in regime di ricovero ospedaliero, la possibilità di integrare il trattamento psicoterapeutico cognitivo-comportamentale con le sessioni di RV (Vicentini, 2011).
Quest’ultima si costruisce attraverso un computer corredato di caschetto che la paziente indossa e che le consente di immergersi in una realtà tridimensionale generata da un software.
In questa realtà interagisce attraverso differenti strumenti di input (joystick, sensori di posizione, guanti ecc) e di output (come monitor, sistemi di suono surround, ecc).
Ma come agisce la VR nella terapia contro l’anoressia?
PRIMA FASE: il paziente costruisce il suo avatar.
Disegna al computer un’immagine di come vede se stesso.
Successivamente confronta il suo operato con quello del terapeuta, che a sua volta ha realizzato un’immagine realistica del paziente;
SECONDA FASE: il paziente indossa il caschetto.
Si prepara ad affrontare così, avvalendosi del supporto del suo avatar, situazioni e contesti in cui solitamente si sperimenta inefficace ed ansiosa;
TERZA FASE: il paziente impara a gestire le emozioni. Manda avanti l’avatar al suo posto.
Successivamente, accompagnato dal terapeuta, ristruttura la propria cognizione in modo più profondo ed impara ad agire in modo più efficace.
L’obiettivo del terapeuta è proprio quello di accompagnare il paziente in questo viaggio.
Si valutano le sue emozioni, azioni e scelte, fino a condurlo a ristrutturare e correggere la distorsione dell’immagine che ha di sé.
Gli ambienti ricreati in RV rappresentano quindi un contesto di interazione sociale controllata e protetta.
In questo spazio è possibile emozionarsi ed agire potenziando i propri punti di forza.
È importante però che tutto questo sia integrato ed accompagnato da un aperto dialogo con il paziente, dall’ascolto empatico e dall’indispensabile creatività dello pscioterapeuta.
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