
Resilient brand: come la resilienza garantisce il successo
Quello della resilienza è un tema molto in voga nel campo della psicologia (e non solo…). Basti pensare agli innumerevoli slogan, pubblicità e per fino tatuaggi che sono fioccati negli ultimi anni per capire quanto questo termine sia diventato inflazionato. Ma cosa significa davvero essere resiliente? E soprattutto, resilienti sono solo le persone o possono esserlo anche le aziende?
“Quando soffia il vento del cambiamento alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento”
Sicuramente ti sarà capitato di leggere questa frase in qualche post pubblicato su Instagram o su Facebook dai tuoi amici.
Si tratta di un proverbio cinese piuttosto in voga in questo periodo che costituisce un’ottima definizione del concetto di resilienza.
In fisica il termine resilienza è utilizzato per indicare la capacità che un materiale ha di assorbire un urto senza rompersi.
Da una prospettiva psicologica, resiliente è chi sa rialzarsi e riorganizzare positivamente la propria vita a seguito di un’esperienza difficile e dolorosa.
Brand resilienti: esistono davvero?
In un periodo caratterizzato dal cambiamento come quello odierno, in cui si assiste alla continua nascita di start-up, il concetto di resilienza viene applicato anche al mondo del branding.
Philip Kotler, padre del marketing moderno, ha evidenziato come, nell’economia digitale d’oggi, sia fondamentale per un brand sapersi adattare ai nuovi e diversi percorsi intrapresi dal consumatore.
Per tale ragione, una strategia vincente di sviluppo del proprio business dovrebbe affondare le sue radici in soft-skills quali resilienza, apertura al cambiamento ed empatia.
Soltanto un brand con queste caratteristiche può essere davvero in grado di trasformarsi nel tempo e di adattarsi ai nuovi comportamenti dei consumatori, rinnovando e reinventando i propri prodotti o servizi.
Per essere resiliente, un brand dovrà avere un’identità riconoscibile e ben costruita, dovrà avere un occhio di riguardo durante la fase di progettazione di ogni suo prodotto e un’attenzione particolare alle attività di marketing e di comunicazione.
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L’identità del brand
Il logo e la componente grafica sono soltanto la punta dell’iceberg dell’identità di una marca. Un brand dovrebbe essere costituito dall’intreccio di una serie di componenti che ne definiscono l’identità in modo logico.
De Martini sostiene che l’identità di marca dovrebbe assomigliare ad una narrazione ideologica. Vediamo dove troviamo la resilienza nelle principali componenti di una Brand Narrative Strategy efficace:
- Miti e valori: un brand dovrebbe potersi raccontare così come si racconta una storia. Dovrebbe avere un’origine che ne stabilisce i confini ideologici e i valori che ne guidano le scelte. Prendiamo come esempio Facebook: non a caso, esso si origina a partire dalla causa di Harvard e si pone come incarnazione dei valori di condivisione, ambizione, velocità.
- Empatia: è necessario intercettare i bisogni del target cui ci si rivolge.
- Cambiamento: bisogna porsi l’obiettivo di trovare una soluzione efficace alle necessità dei clienti.
- Strumenti: creare dei prodotti/servizi specifici ed innovativi che permettano la realizzazione del cambiamento.
- Processi: identificare le strategie (produttive, organizzative, informatiche) che consentano di generare e aggiornare gli strumenti nel corso di tempo.
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Il design dei prodotti
Godin (…) afferma che viviamo una realtà in cui gli attributi del prodotto costituiscono l’elemento centrale del significato stesso di fare marketing.
Di conseguenza, diviene opportuno individuare i prodotti vincenti del nostro settore di interesse. Quali sono le loro caratteristiche? Come si può spiegare il loro successo? Come possono essere ulteriormente migliorati?
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Il Marketing Umanistico
Kotler identifica il marketing umanistico come lo strumento più efficace per stimolare la brand attraction nell’era digitale: non è sufficiente limitarsi a soddisfare le esigenze più immediate dei clienti, ma è necessario anche rispondere in maniera efficace ai loro bisogni, ansie e desideri latenti.
Sarebbe opportuno quindi scoprire le esigenze più profonde del target di riferimento e, di conseguenza, creare una risposta empatica.
A questo fine, si possono impiegare alcune strategie:
- Ascolto sociale: è necessario tenersi aggiornati in modo proattivo su ciò che viene detto su internet a proposito di un brand, in particolare sui social media e comunità online.
- Netnografia: si tratta di un metodo che applica la ricerca etnografica allo studio dei comportamenti umani all’interno delle e-tribes e nelle comunità online. La differenza principale con l’ascolto sociale è che la netnografia prevede che chi la pratica diventi un partecipante attivo nella comunità online, divenendo quindi una tecnica di studio maggiormente immersiva.
- Ricerca empatica: richiede l’osservazione diretta, il dialogo, il brainstorming e la collaborazione tra i ricercatori e i membri della comunità online per sintetizzare le informazioni più rilevanti.
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Content marketing e Marketing Omnichannel
È necessario un cambio di mentalità: anziché trasmettere messaggi basati esclusivamente sulla proposta di valore, vi è la necessità di creare contenuti utili ed interessanti per il proprio target.
Diviene fondamentale attenersi ad un piano strategico strutturato: esso, dovrebbe focalizzarsi non soltanto sulla fase di creazione dei contenuti, ma anche sulle attività di pre-produzione (identificazione dell’obbiettivo della campagna, mappatura dell’audience) e post-distribuzione (valutazione e ottimizzazione dei contenuti).
È inoltre necessario guidare i clienti in ogni tappa del viaggio verso la fidelizzazione al brand, integrando una molteplicità di canali (canali fisici e online).
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Brand Advocacy
Un brand resiliente è anche attento all’advocacy: nell’era digitale, il tradizionale percorso che conduce all’acquisto ed alla fidelizzazione viene amplificato dalla comunità online e dalle discussioni sui social media.
Con il termine brand advocate si fa riferimento ai consumatori soddisfatti che, oltre ad acquistare una marca, la promuovono, arrivando ad influenzare i loro contatti.
Le tecniche di customer engagement permettono di trasformare i propri clienti in sostenitori fedeli, che raccomandano il brand agli altri. L’utilizzo del Social Customer Relationship management (social CRM) è sicuramente un approccio efficace: esso consente di coinvolgere i clienti nelle conversazioni e di offrire soluzioni.
L’Internet Advertising Bureau, nel Regno Unito, ha calcolato che circa il 90% dei clienti sia disposto a consigliare un brand dopo aver interagito con esso sui social media.
Fondamentale è allora fornire risposte immediate e personalizzate, con particolare attenzione alla gestione dei reclami che rischiano di ledere all’immagine del brand.
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Accetta i tuoi errori
Un brand resiliente non nasconde e non nega eventuali scivoloni. Paga molto di più la strategia di ammettere i propri errori, chiedere scusa e fare di tutto per migliorarsi.
Nel Mobile World Congress 2017, è salito sul palco David Lowes, Chief Marketing Officer di Samsung Electronics Europe. In questo modo, ha chiesto ufficialmente scusa a proposito dei problemi di autocombustione del Note 7, ritirato dal mercato e diventato uno dei più grandi fallimenti dell’azienda.
Questa onesta accettazione di colpa ed ammissione delle proprie responsabilità ha pagato: il Galaxy S8 ha riscosso un enorme successo, che ha dimostrato la propensione dei consumatori a perdonare a Samsung l’errore e ad andare oltre.
Bibliografia
De Martini, A. (2017). Brand Narrative Strategy: Il segreto dell’onda. Milano: FrancoAngeli.
Godin, S. (2004). La Mucca Viola. Farsi notare (e fare fortuna) in un mondo tutto marrone. Milano, Sperling & Kupfer.
Kotler P. (2017). Marketing 4.0. Milano, Hoepli.
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